E’ con piacere che, al recente Convegno ABI OSSIF per la presentazione del Rapporto sulla criminalità predatoria, abbiamo ascoltato nuovamente un forte invito da parte delle aziende alla dovuta attenzione al fattore umano.
Infatti, come noto, nel corso del nostro recente congresso dei soci, abbiamo trattato il tema della resilienza e, a fronte di problemi segnalati dai soci nel potenziare le strutture operative, abbiamo accennato ad una sorta di aforisma del ben-essere (o mal-essere): sette verbi che rappresentano i bisogni dell’uomo e che, a nostro parere, collaborano – specialmente ora – a rendere una organizzazione più resiliente.
La capacità di anticipare le minacce, di prepararsi, rispondere e adeguarsi ad improvvisi e disastrosi cambiamenti, è fondamentalmente basata sulle persone.
I “pilastri” che abbiamo individuato riguardano l’esigenza per tutti, nel proprio ambiente e nel luogo di lavoro, di avere corrette relazioni interpersonali, sentirsi protetti, ottenere i dovuti riconoscimenti, sentirsi parte dell’ambiente; ciò richiede anche una giusta sensibilità ed una giusta retribuzione.
Onde far meglio comprendere il ragionamento che abbiamo percorso, per affermare che i sette pilastri agevolano le aziende nel “crescere” dalla resilienza operativa a quella organizzativa, devo richiamare sia le definizioni delle due resilienze, sia i dati sui giovani ed in particolare sulle nuove generazioni emerse da una recente indagine.
Cerco di essere il più sintetico possibile.
Quando si parla di resilienza, si citano quella operativa (ad es.: Regolamento “DORA” nota1), e quella organizzativa (ad es.: Standard BS65000 – Organizational resilience – Code of practice, di BSI nota2; oppure la ISO22316:2017 – Security and resilience — Organizational resilience — Principles and attributes).
In sostanza, la resilienza organizzativa riguarda la capacità dell’intera organizzazione di sopravvivere e prosperare, mentre la resilienza operativa riguarda la garanzia che le funzioni critiche continuino a funzionare nonostante le interruzioni.
Ecco la domanda che ci siamo posti: <<la crescita da resilienza operativa a resilienza organizzativa è indicata dagli standard internazionali citati, ma ciò è sufficiente oggigiorno considerate le difficoltà che le aziende riscontrano nell’assumere o trattenere i giovani dopo averli formati? >>.
I presenti ai lavori del nostro Congresso hanno confermato che è cambiato l’atteggiamento dei giovani e, soprattutto, quello della cosiddetta Generazione Z.
Un imprenditore ha sottolineato la difficoltà nell’assumere i giovani e nel trattenerli: “non è più sufficiente una buona retribuzione ed un contratto a tempo indeterminato” ha detto. Possiamo quindi immaginare quanto sia necessario per le aziende adeguarsi alle nuove generazioni se vogliono essere resilienti. Quali riferimenti è bene avere?
In un rapporto di Ipsos(nota 3) si afferma:
<< (…) la GenZ è contraddistinta da un approccio al mondo del lavoro definito da motivazioni valoriali e valutazioni pragmatiche.
Nella scala dei valori che considerano più importanti, la GenZ indica il lavoro al sesto posto, preceduto da famiglia, amicizia, amore, ma anche da divertimento e cultura. Riguardo al senso del lavoro, per quasi sei giovani su dieci rappresenta una fonte di reddito (percentuale inferiore alla media nazionale, 71%), per la metà un’opportunità di crescita (43% la media nazionale) e per il 45% un modo per affermare la propria indipendenza. (…)Se il trattamento economico si colloca al primo posto sia per i giovani (44%) sia per il totale del campione (43%), per la GenZ al secondo posto viene la disponibilità di tempo libero e la flessibilità dell’orario, seguita dall’autonomia. Solo al quarto posto la stabilità del lavoro, indicata dal 25% dei giovani contro il 42% del totale degli intervistati.>>.
Fra i fattori attrattivi, oltre l’adeguata remunerazione, e l’opportunità di fare esperienza (31%) vi è il desiderio di avere un capo che ascolta e riconosce i meriti dei dipendenti (29%)..
Le aziende stanno lavorando in questo senso?
ACW
20 dic. 2024
[nota 1] ‘digital operational resilience’ means the ability of a financial entity to build, assure and review its operational integrity and reliability by ensuring, either directly or indirectly through the use of services provided by ICT third-party service providers, the full range of ICT-related capabilities needed to address the security of the network and information systems which a financial entity uses, and which support the continued provision of financial services and their quality, including throughout disruptions
[nota 2] Come citato da BSI, la resilienza organizzativa è: “The ability of an organization to anticipate, prepare for, respond and adapt to incremental change and sudden disruptions in order to survive and prosper.”.
(nota 3) https://www.ipsos.com/it-it/caratteristiche-generazione-z-mito-realta